Recensioni

Ruggero ha, invece, il colore più dolce e sentimentale di Matteo Falcier, che regge bene la prima nonostante un'indisposizione e si rinfranca appieno alla seconda. Non mancano, per l'innamorato di Magda, momenti in cui è sollecitata una maggior intensità drammatica, in cui l'accento si deve accendere e Falcier è sempre pronto, con voce salda e giusta intenzione, appassionata e ingenua.
Matteo Falcier, tenore completo, padronanza tecnica della voce, dizione perfetta, anche lui perfetto sul palcoscenico. Il potere vince sempre, trova comunque appigli per evitare di subire punizioni o vendette per comportamenti non sempre corretti. Chi ha potere, il più delle volte, pensa solo a se stesso, ignorando i sentimenti altrui. E il Duca non si sottrae ai suoi…doveri di padrone del mondo che lo circonda. Bravissimo Matteo Falcier nel passarci la leggerezza dell’agire del Duca, la rabbia nello scoprire il rapimento della sua…preda, la sua meraviglia nel provare un sentimento nuovo, quasi amore vero, per Gilda. Una interpretazione da incorniciare.
Nel ruolo del titolo troviamo un Matteo Falcier davvero in grande spolvero. Già ascoltato in passato all’interno del circuito lombardo, il tenore sta dimostrando negli anni una crescita costante, solido tecnicamente e più curato nella ricerca espressiva. Il suono, di colore molto chiaro ma sempre ben timbrato e squillante, corre in teatro con facilità ed è modulato con cura in ogni passaggio, dalle spinte eroiche di “Mal reggendo all’aspro assalto” al trasporto drammatico di “Ah sì, ben mio, coll’essere io tuo”. Successo al calor bianco per lui, sull’infinito Do con cui sigilla la sempre attesa Aria della Pira.
…(Falcier) fraseggia con estrema cura un ruolo che, altrimenti, potrebbe facilmente finire nelle trappole del Verdi “popolare-generico” – la tecnica solida sostiene una vocalità naturale e luminosa, dagli acuti adamantini e dalla morbida linea di canto, che ci regala bei momenti di canto.
Sugli scudi la prestazione del tenore Matteo Falcier, un Arnoldo dal metallo lucente e timbricamente solare, che ben corre per la sala teatrale, svettante e spavaldo nelle numerose note acute che costellano lo spartito. La recitazione è ben variata, risultando passionale nel duetto con Matilde “Tutto apprendi, o sventurato”, accorato e agguerrito nel recitativo e aria dell’ultimo atto “O muto asil del pianto”, ripagato da scroscianti applausi.